Quest'anno F.I.S.Co. è particolarmente eolico, della sostanza effimera del vento, coacervo di correnti d'aria, aria fresca, aria densa, contemporanea, appunto, nel suo essere fluida.
Un festival costruito sulle intersezioni, gli scambi e gli spostamenti di ruoli e funzioni. Xavier Le Roy e Antonia Baehr allo strappo dei biglietti creano uno spostamento che riporta, inevitabilmente, a un senso, tutto politico, di comunità che, al pari di quella scientifica, decreta ciò che è arte, ma che, a differenza della comunità scientifica, si esonera dal decidere ciò che non lo è, lasciando il campo aperto agli spettatori.
Ed ecco la bellezza di un senso aperto del fare arte, che sborda e trasuda e scopre le proprie radici, inevitabilmente affondate nell'umano, origine prima di ogni atto. Perchè l'artista è, prima di tutto, colui che fa, che agisce, che indaga e ricerca, che costruisce oggetti di senso, con una tecnica rigorosissima, al limite della maniacalità. Techné, appunto, applicata all'idea. E non il contrario.
E' finito il tempo delle arti applicate, e anche quello delle arti concettuali. Marten Spangberg dice "be available" e ancora "you're my investment". E' tempo di smettere di essere NEL sistema, e anche di andare CONTRO il sistema. E' necessario posizionarsi FUORI dal sistema e costruire altre possibilità di senso.
E se l'arte ha un potere politico, esso è proprio nello statuto di libertà insito nell'arte stessa, statuto che si pone al di là di ogni retorica.
 
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