sabato 24 aprile 2010

Kroot Juurak - Marten Spangberg (Est/A/S) - Ride the Wave Dude

Ehi tu, cavalca l'onda, capito? Cavalca l'onda! A sostegno di tutti i fenomeni, lavorando attivamente contro ogni forma di interiorità. Esteriorità è tutto. Sì, cara Kroot, sì! Grazie tante! Ti sei presa la libertà di cavalcare la scena e di questo ti rendiamo atto. Siamo forse incuriositi da quello che accadrà, ma è troppo facile. Lo spazio scenico ha già un suo tempo, possiede già un potere drammaturgico. Attenta, potrebbe rovesciartisi contro. L'onda, in fondo, è imprevedibile, e cavalcarla è impresa ardua. Un corpo in scena è un corpo responsabile, almeno del nostro sguardo. Presentarsi carichi semplicemente del proprio essere umano, non basta, credo.

Nella performance di Kroot Juurak avrebbe potuto succedere qualsiasi cosa, perchè l'ipotesi di partenza era una non-ipotesi, un possibilismo slabbrato e inconsistente, che sfuma nel tutto.

E a noi che stiamo a guardare, non resta altro che sentirci presi in causa in un nulla, in cui il tutto, forse non sta nella scena, ma dall'altra parte, dalla nostra.

Special Guest: Gustavo Filippucci - alpinista
 

7 commenti:

cecilia.longanesi@gmail.com ha detto...

sono d'accordo con quello che è stato scritto in questo post. Ieri sera, all'inizio dello spettacolo, mi sono sentita presa in giro...poi ho pensato, che alla fine, si era verificato proprio quello che aveva detto il performer: "lo spettacolo lo fate voi". In effetti l'abbiamo fatto noi, con il nostro sguardo, la nostra presenza. Che senso avrebbe, sennò, che lei e lui stessero lì, su un pavimento, a bere birra e a sputare su un disegno, se nessuno li guardasse?
Sono loro degli esibizionisti, o noi dei voyeurs?

Anonimo ha detto...

qualche cosa è successo. cavalcare la presenza è impresa ardua ma non per questo tutto poteva accadere. sono accadute cose precise e uno stato mentale si è attivato. la loro presenza non era una presenza qualunque.

Unknown ha detto...

Sì certo, qualcosa è accaduto. Ma a me non basta che accada "qualcosa", altrimenti mi affaccio alla finestra...sai quante cose accadono là fuori? Mi chiedo il senso, (se di senso si può parlare), di quello che è successo in scena. Mi chiedo perchè io dovrei guardare quello che accade laggiù, se è così simile a quello che accade nella vita reale. Cos'è diventato, allora, il palcoscenico? Dov'è finita la poetica, intesa come "poiesis", "creazione"? cosa è stato creato? sì, è vero, sono accadute cose precise. ma la precisione di quello che è accaduto credo (e qui sono d'accordo con Brainstorming) sia dovuta al fatto che era "ritagliato" dalla scena, dal fatto stesso di essere in uno spazio e in un tempo "precisi". è la scena che ha reso "precise" le cose che sono accadute, non tanto le cose in sé a essere precise. L'objet trouvé ha trovato il suo scaffale, la sua teca, e il nostro sguardo si è posato, inevitabilmente, sull'etichetta scritta in basso a destra "Ride The Wave Dude". E da lì ha cominciato a cercarne un senso, perdendo la visione dell'oggetto. Objet perdu.

Unknown ha detto...

Cari commentatori! Mi fa molto piacere che si stia creando una discussione intorno a uno spettacolo. anch'io sono piuttosto smossa dal lavoro di Kroot Juurak. oggi, dopo una giornata di sedimentazione, mi si è scatenata una riflessione piuttosto insistente. se riesco la metto per iscritto.

Credo sia stato il lavoro più interessante del festival, non il più bello, ma il più generativo. ho sentito pareri molto discordi. e questo è bene. io stessa non riesco ancora a collocarlo definitivamente. sto concludendo che forse è proprio la sua natura, quella di non essere collocabile in nessun modo. credo sia un lavoro molto ammiccante, per certi versi facile e riconoscibile, ma da leggere come fortemente connesso con la contingenza. è un lavoro che esce da se stesso, aggrappandosi con tutte le sue forze al contesto, al pubblico, al fuori. è un lavoro che ha inderogabilmente bisogno dello sguardo. molto più del lavoro di Bojana, che affronta lo sguardo e il pubblico in una modalità dichiarata. Kroot Juurak è molto più subdola, nella sua presenza sfacciata, serissima e profondamente anarchica. Kroot Juurak è il futile che smuove i benpensanti (Once Upon), è il banale che infervora gli specialisti (Autodomestication), è l'idiotismo che scandalizza gli intellettuali (Ride The Wave Dude).

Anonimo ha detto...

quando dico qualche cosa è successo non intendo la vita o peggio la rappresentazione della vita. parlo di presenza, di modalità di fruizione, di superficie spumosa piena di fremiti, di un evento sfuggente e presente di un ridicolo gioco serio, di una scelta politica nel rappresentare se stessi nel mondo tra selvaggia ricerca e la stupidità. forse oggetto perduto è proprio il titolo giusto ma come un guanto, lo rovescio e mi piace.

Anonimo ha detto...

te cara brainstorming con i tuoi commenti iniziali a volte non si capisce se tiri di frusta di pelle o di velluto.

Unknown ha detto...

Diciamo che ho una frusta di velluto per pelli miste. Un punto di vista un po' miope e astigmatico, che lascia intravvedere le sfocature e abbisogna di strumenti per raggiungere la nitidezza. Tali strumenti, poi, vengono usati a seconda del caso, per un puro gusto dell'indefinito.